Dal concetto biomeccanico a quello neurofisiologico integrato nelle manipolazioni vertebrali
Perchè funzionano le manipolazioni vertebrali?
Questa è la domanda che più frequentemente si pongono terapisti e pazienti e la risposta non è così scontata.
Molti terapisti, così come molti pazienti, hanno una visione delle manipolazioni vertebrali in ottica di “riallineamento” o di “correzione” accompagnata da incremento della mobilità della regione in cui la manipolazione è stata effettuata.
Questo avviene perchè la visione biomeccanica delle manipolazioni vertebrali è ancora quella più diffusa e spesso è ancora insegnata in alcuni contesti formativi legati alla tradizione in terapia manuale.
In realtà la ricerca scientifica già da tempo è andata oltre alla visione prioritariamente biomeccanica, sottolineandone i limiti e offrendo un nuovo paradigma più ampio in termini di risposte neurofisiologiche anche se molte di esse dovranno essere indagate in maniera più approfondita, sopratutto in riferimento alla relazione reciproca che corre tra loro.
Di seguito proviamo a fare un quadro riassuntivo dei fattori correlati all’outcome clinico in seguito all’applicazioni delle manipolazioni vertebrali HVLA sui pazienti.
I diversi fattori in gioco nell’outcome clinico in seguito a manipolazione vertebrale
L’outcome clinico che segue l’applicazione delle manipolazioni vertebrali dipende da diversi fattori che possono essere separati tra loro a scopo didattico ma che si presentano sempre in stretto e reciproco rapporto (1):
- fattori specifici, ovvero inerenti all’intervento stesso e relativi alle risposte fisiologiche dell’organismo alle manipolazioni vertebrali;
- fattori relativi al terapista, legati alla modalità di erogazione delle manipolazioni;
- fattori riguardanti le condizioni cliniche del paziente;
- fattori inerenti le aspettative del paziente;
- e, non ultimo, sono implicati anche fattori ambientali.
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